Una interessante sentenza del Tribunale di Busto Arsizio, Sezione distaccata di Gallarate, chiarisce che, nell’ipotesi in cui chi acquisti merce contraffatta sia un privato cittadino che non esercita il commercio, qualora la quantità della merce sia esigua (tale cioè da far escludere qualsiasi scopo di lucro) ed il venditore ne abbia garantito qualità ed originalità, deve senz’altro riconoscersi la perfetta buona fede, con conseguente assoluzione del’imputato “perchè il fatto non costituisce reato”.
Nel caso specifico, allo sfortunato acquirente di qualche paio di scarpe erano stati contestati i reati p. e p. dagli artt.474 e 648 del codice penale (rispettivamente “Introduzione nello Stato e commercio di prodotti con segni falsi” e “ricettazione”).
Il giudice, riconosciuto non sussistente il reato di cui all’art.474 cp nel suo elemento materiale non poteva che pervenire ad analoga conclusione per il reato di cui all’art.648 cp di cui il primo è presupposto.
A giudizio di chi scrive il giudizio formulato appare condivisibile ed equilibrato.
Non sempre, tuttavia, la giurisprudenza (anche quella di legittimità) si è espressa in senso conforme.
Inutile nascondere che oscillazioni giurisprudenziali su questioni tanto delicate come quella della punibilità o meno di siffatte condotte aggravi quella situazione di incertezza del diritto già tristemente cronica in Italia.
Certamente la prospettiva di un notevole risparmio non sembra giustificare il rischio di essere sottoposti ad un procedimento penale.
Mag 29