Lug 22

Decorrenza della prescrizione del diritto al risarcimento dei danni da trasfusioni di sangue infetto: per fortuna non tutti la pensano come le Sezioni Unite

Sul numero n.6 della rivista Danno e responsabilità di Ipsoa, che ringraziamo per l’autorizzazione concessaci, compare l’articolo “Debito di sangue”: danno da emotrasfusione e prescrizione.
Nella parte più interessante, quella relativa al commento della nota sentenza delle Sezioni Unite, n.581/2008, redatto a cura della Dr.ssa Sara Oliari, leggiamo testualmente quanto segue a proposito dell’abbandono, sancito dalle SS.UU., dell’orientamento giurisprudenziale più garantista che faceva decorrere la prescrizione del diritto al risarcimento del danno biologico dalla data di notifica dei giudizi delle CMO ex lege 210/1992:
Le motivazioni addotte dalla S.C. per avvalorare l’abbandono dell’orientamento testè indicato, ad avviso della scrivente convincono poco. In prima battuta si sottolinea la difficoltà nel comprendere come possa in concreto il creditore “dilatare a suo piacimento” il corso della prescrizione per quanto concerne il responso, atteso che l’elaborazione dei dati biochimici e il ricevimento del responso richiedono tempistiche tecniche e burocratiche sulle quali il creditore non può influire; l’unico lasso lasciato nella disponibilità del creditore è il “quando” agire in giudizio avvalendosi dell’esito a sé favorevole del responso. Se il “favor creditoris” fosse riferito al libero arbitrio concesso alla vittima nel decidere “quando” presentare la domanda alla competente commissione,questo limite troverebbe comunque ingresso anche nella dottrina accolta nella pronuncia in commento. In seconda battuta, a ciò si aggiunga che la mera proposizione della domanda alla CMO senza attendere il responso impedisce in concreto l’accertamento della rapportabilità causale tra il fatto (trasfusione) e l’evento (contagio),impedisce la conoscenza e conoscibilità del danno e della sua gravità, tutto ciò in ragione di un’eccessiva anticipazione del dies a quo senza che si possa acclarare con un certo margine di certezza il processo patogeno e la sua riconducibilità alla condotta di un soggetto. Ad abundantiam si aggiunga che la legge fa riferimento alla verificazione e non alla manifestazione del danno. Come già acutamente osservato in questa fase non ci si può che trovare nella sfera della mera eventualità e della mera ipotesi, con gravi e distorsive ripercussioni in ambito probatorio che, inesorabilmente, non possono non portare all’espletamento quanto più sollecito della consulenza tecnica. La CTU verrebbe così a costituire la prova per antonomasia e ad acquisire quella rilevanza che la S.C. avrebbe voluto escludere allorché ha abbracciato la teoria secondo la quale il dies a quo decorre dalla proposizione della domanda alla CMO, anziché dalla comunicazione del responso.
In sintesi la S.C. prevede che “dal momento della proposizione della domanda amministrativa la vittima del contagio deve comunque aver avuto una sufficiente percezione sia della malattia, sia del tipo di malattia che delle possibili conseguenze dannose, percezione la cui esattezza viene solo confermata con la certificazione emessa dalle commissioni mediche”, ma, come argomentato, al momento della proposizione mancherebbero gli elementi cognitivi che la medesima Corte ritiene imprescindibili affinché il periodo prescrizionale inizi il suo decorso : conoscenza e conoscibilità del danno e della causa, ingiustizia del danno e ultimo ma non ultimo individuazione del soggetto responsabile a titolo di colpa (o dolo) contro cui esercitare la pretesa risarcitoria.
Non va aprioristicamente escluso che il Ministero possa ,in sede giudiziale, eccepire la carenza dell’elemento costitutivo dell’illecito rappresentato dal nesso causale e dell’attualità dell’interesse ad agire. A ciò si aggiunga che-qualora la vittima sia già in possesso della certificazione del Ministero- l’accertamento del nesso causale sarebbe gia di per sé soddisfatto ante causam per effetto del trasferimento della consulenza tecnica medico-legale dalla sede giudiziale ,alla sede amministrativa ( Ministero della Sanità), riducendo per l’effetto il carico ed i costi della giustizia ordinaria. Ed ancora , le certificazioni della CMO oltre ad accertare con ragionevoli margini di certezza il percorso eziologico della patologia, non potrebbero che avere valenza di confessione stragiudiziale, in quanto l’organo che accerta è il medesimo la cui condotta colposa è accertata.

Premesso che quanto si legge nell’articolo rispecchia fedelmente quanto sin da subito sostenni quando criticai la lettura data alla sentenza delle Sezioni Unite (mi permetto richiamare alla lettura in questo sito dell’articolo “Alcuni spunti di riflessione sulla sentenza n.581/08 della Corte di Cassazione: resta irrisolto il nodo dell’exordium praescriptionis”), quello fornito dalla dottrina mi pare obiettivamente un segnale importante e pienamente condivisibile, comunicato attraverso una rivista notoriamente destinata agli “addetti ai lavori” e quindi (anche) ai magistrati civili che si occupano di questo tipo di controversie.
Speriamo che soprattutto quanto sopra rappresenti lo stimolo ad un esame (si spera anche da parte dei funzionari ministeriali) della questione dell’exordium praescriptionis meno acriticamente appiattito sulle conclusioni delle Sezioni Unite.

Approfondimento pubblicato il 22 Luglio 2009 - Tutti i diritti riservati Studio Legale Lazzarini.


  1. marco 23 Lug 2009 | Rispondi

    gent.mo avvocato darebbe interessante poter leggere l’articolo. perchà non lo pubblica?
    grazie

  2. Anna Maria 5 Ott 2009 | Rispondi

    Gentile avvocato Lazzarini , ho bisogno di aiuto !
    Mio marito nel 1971 in seguito ad un icidente ha avuto delle trasfusioni ,nel 1995 si inoltra la domanda per l’indennizzo ma viene rigettata perche la CMO non riconosce il nesso di causalità !
    Si fa ricorso e finalmente nel 2002 gli viene riconosciuto il nesso e di conseguenza l’indennizzo !
    Nel 2006 viene depositata la richiesta in giudizio per il risarcimento ..a giugno di quest’anno arriva la sentenza del tribunale di Milano ..non ha diritto al risarcimento perche la domanda è stata presentata molto oltre i termini !!
    Ma questo è possibile ??
    Ora mio marito ha un microcitoma polmonare con metastasi diffuse ..speranze non ce ne sono …ma almeno sapere che in qualche modo le sofferenze dovute a quella trasfusione venissero riconosciute ..sarebbe per lui una vittoria !!
    Chiedo scusa se mi sono dilungata …ma ho davvero bisogno di aiuto !!
    Grazie
    Annovazzi Anna Maria

  3. Simone Lazzarini 8 Ott 2009 | Rispondi

    @ Anna Maria

    Gentile Signora,
    Considerata la particolarità del caso è difficile esprimere un giudizio senza conoscere gli atti.
    Sono pertanto a Sua disposizione per un esame assolutamente gratuito e non impegnativo della documentazione che vorrà eventualmente sottopormi.
    Cordialità

    Avv. Simone LAZZARINI

  4. Anna Maria 9 Ott 2009 | Rispondi

    Gentile avvocato Lazzarini
    la ringrazio moltissimo della sua risposta
    e se a lei va bene le manderò tramite mail la sentenza !
    La ringrazio di cuore !
    Annovazzi Anna Maria

  5. gennaro 22 Ott 2009 | Rispondi

    buongiorno a me hanno riconosciuto il nesso tra epatite c e trasfussioni nel 2003 con 8 categoria ma dicono che la domanda non e stata fatta nei termini feci ricorso al ministero e risposero che la domanda fu fatta in tempo ma volevano altri esami io nel frattempo feci la cura di interferrone e si negavizzo tutto per questo non o diritto a niente volevo sapere un parere da lei grazie scusi mi presi anche l epatite b per lo stesso motivo

  6. marisa 27 Gen 2012 | Rispondi

    Egr. Avv. Lazzarini,
    vorrei sottoporre alla Sua attenzione una particolare questione. A marzo 2011 a seguito di esami ematici prescritti da un centro di PMA abbiamo appreso che mio marito è affetto da HCV tanto da dirottarci presso altra struttura.L’unico circostanza che riteniamo abbia provocato l’infezione è una trasfusione di sangue effettuata nel 1975 a seguito di intervento chirurgico.Dopo visita infettivologica e ulteriori vari esame dovrebbe iniziare cura con interferone che stiamo valutando di rimandare in quanto intenzionati ad effettuare un altro e ultimo tentativo di fecondazione assistita. data la mia età (43 anni). Ci chiediamo avendo appreso dell’infezione solo a marzo scorso siamo in tempo per avviare un’azione di risarcimento o il tutto si è prescritto? la ringrazio anticipatamente

    • Simone Lazzarini 28 Gen 2012 | Rispondi

      Gentile Signora,
      Suo marito è certamente in tempo per avviare tanto un’azione risarcitoria quanto per richiedere l’indennizzo ex lege 210/1992.
      Se necessita di ulteriori indicazioni mi contatti pure privatamente, senza impegno all’indirizzo mail info@studiolegalelrs.it
      Cordialità ed auguroni per il vostro percorso

      Avv. Simone LAZZARINI

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