Giu 9

L’interpretazione (autentica?) dell’interpretazione autentica dell’articolo 2 della legge 25 febbraio 1992, n. 210 – Dopo il comunicato stampa, analisi e prospettive di tutela dei danneggiati se l’art.11 commi 13 e 14 del D. L. 78/2010 non fosse eliminato in sede di conversione

Dopo il comunicato stampa condiviso tra noi avvocati è giunto il momento di provare a ragionare sulle possibili vie d’uscita alle norme dichiaratamente taglia-rivalutazione nella non auspicata ipotesi in cui le stesse non fossero eliminate in sede di conversione in legge del D.L. n.78/2010.
Partiamo, un po’ provocatoriamente, dall’interpretazione delle norme recentemente varate, leggendo anzitutto l’art.11, comma 13.
Il comma 2 dell’articolo 2 della legge 25 febbraio 1992, n. 210 e successive modificazioni si interpreta nel senso che la somma corrispondente all’importo dell’indennità integrativa speciale non è rivalutata secondo il tasso d’inflazione”.
Beh questa è nulla più che una constatazione.
Che la somma corrispondente all’importo dell’indennità integrativa speciale non fosse rivalutata secondo il tasso d’inflazione già lo si sapeva, lo avevamo capito da anni e non c’era alcun bisogno che, dopo quindici anni, ce lo dicesse un decreto.
Se il legislatore avesse voluto impedire la rivalutazione avrebbe detto “non è rivalutabile”, ma così non è stato.
Oltretutto la Corte di Cassazione, nelle note sentenze nn.15894/2005 e 18109/2007 faceva riferimento non alla rivalutazione secondo il tasso d’inflazione, bensì alla rivalutazione secondo il tasso d’inflazione programmato, che è cosa diversa.
Così, invece, recita il comma 14.
Fermo restando gli effetti esplicati da sentenze passate in giudicato, per i periodi da esse definiti, a partire dalla data di entrata in vigore del presente decreto cessa l’efficacia di provvedimenti emanati al fine di rivalutare la somma di cui al comma 13, in forza di un titolo esecutivo. Sono fatti salvi gli effetti prodottisi fino alla data di entrata in vigore del presente decreto”.
Cessa l’efficacia di provvedimenti emanati al fine di rivalutare la somma di cui al comma 13? Benissimo. È un problema dell’Amministrazione (verrebbe voglia di dire: chi se ne frega, ma siamo più eleganti…).
Il decreto non parla di cessazione di efficacia dei titoli esecutivi, che dunque rimangono perfettamente validi ed idonei per agire esecutivamente contro l’ente debitore.
Se l’ente si adegua con un proprio provvedimento bene.
Altrimenti si può procedere lo stesso con precetto e pignoramento, a questo punto senza alcun indugio.
È l’Amministrazione che deve adeguarsi ai provvedimenti giurisdizionali, non viceversa.
Questo, almeno, sembra poter valere per tutte le sentenze già passate in giudicato.
Ma anche per le altri posizioni i “giochi” non sembrano affatto chiusi.
Va premesso che la Convenzione Europea sui diritti dell’uomo ha una diretta rilevanza nell’ordinamento interno poiché per l’art. 117, primo comma, della Costituzione, le leggi devono rispettare i “vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario“, mentre per l’art, 6 del Trattato di Maastricht (modificato dal Trattato di Amsterdam), “l’Unione rispetta i diritti fondamentali quali sono garantiti dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, in quanto principi generali del diritto comunitario”.
La norma nazionale incompatibile con la norma della CEDU, e dunque con gli “obblighi internazionali” di cui all’art. 117, primo comma, Cost., viola per ciò stesso il nuovo parametro costituzionale.
Con l’art. 117, primo comma, si è realizzato, in definitiva, un rinvio mobile alla norma convenzionale di volta in volta conferente, che dà vita e contenuto a quegli obblighi internazionali genericamente evocati. Ne consegue l’obbligo del giudice di procedere ad una interpretazione “convenzionalmente” orientata o, comunque, ad una interpretazione “bilanciata” tra conformità a Costituzione e conformità a Convenzione.
Pertanto, al giudice nazionale spetta interpretare la norma interna in modo conforme alla disposizione internazionale, entro i limiti nei quali ciò sia permesso dai testi delle norme.
Qualora ciò non sia possibile, ovvero dubiti della compatibilità della norma interna con la disposizione convenzionale interposta, egli dovrà investire la Corte Costituzionale della relativa questione di legittimità costituzionale rispetto al parametro dell’art. 117, primo comma.
Ma non è ancora tutto.
Lo scorso 1° dicembre 2009 è entrato in vigore il Trattato di Lisbona firmato nella capitale portoghese il 13 dicembre 2007 dai rappresentanti dei 27 Stati membri, che modifica il Trattato sull’Unione Europea e il Trattato che istituisce la Comunità europea.
Fra le più rilevanti novità correlate all’entrata in vigore del Trattato, vi è l’adesione dell’Unione alla CEDU, con la modifica dell’art. 6 del Trattato che nella vecchia formulazione conteneva un riferimento “mediato” alla Carta dei diritti fondamentali, affermando che l’Unione rispetta i diritti fondamentali quali sono garantiti dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950, e quali risultano dalle tradizioni costituzionali comuni degli Stati membri, in quanto principi del diritto comunitario.
Nella nuova formulazione dell’art. 6, viceversa, secondo il comma 2 “l’Unione aderisce alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali” e, secondo il comma 3, “i diritti fondamentali, garantiti dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell”uomo e delle libertà fondamentali e risultanti dalle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri, fanno parte del diritto dell’Unione in quanto principi generali“.
Il riconoscimento dei diritti fondamentali sanciti dalla CEDU come principi interni al diritto dell’Unione ha immediate conseguenze di assoluto rilievo, in quanto le norme della Convenzione divengono immediatamente operanti negli ordinamenti nazionali degli Stati membri dell’Unione, e quindi nel nostro ordinamento nazionale, in forza del diritto comunitario, e quindi in Italia ai sensi dell’art. 11 della Costituzione, venendo in tal modo in rilevo l’ampia e decennale evoluzione giurisprudenziale che ha, infine, portato all’obbligo, per il giudice nazionale, di interpretare le norme nazionali in conformità al diritto comunitario, ovvero di procedere in via immediata e diretta alla loro disapplicazione in favore del diritto comunitario, previa eventuale pronuncia del giudice comunitario ma senza dover transitare per il filtro dell’accertamento della loro incostituzionalità sul piano interno.
Si aprono quindi inedite prospettive per la interpretazione conformativa, ovvero per la possibile disapplicazione, da parte del giudice nazionale, delle norme nazionali, statali o regionali, che evidenzino un contrasto con i diritti fondamentali garantiti dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali

Cosa significa tutto questo, almeno a mio giudizio, è presto detto.
Che qualunque giudice nazionale, investito di una causa avente ad oggetto la questione della rivalutazione, ben potrebbe – ed a mio giudizio dovrebbe – disapplicare l’eventualmente ancora in vigore norma di cui all’art.11 commi 13 e 14 della manovrina per contrasto con le norme di cui alla CEDU.
Le misure recentemente varate dal Governo, se non discriminatorie ex se (in violazione degli artt. 2, 14 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (C.E.D.U.), dell’art. 1 del Protocollo n°12 della Convenzione per la Salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle Libertà Fondamentali e degli artt. 21 e 26, 34, 35, 41, 53 e 54 della Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea), lo sono almeno rispetto ad altre categorie di danneggiati.
Ed infatti, con la legge 229/2005, recante “Disposizioni in materia di indennizzo a favore dei soggetti danneggiati da complicanze di tipo irreversibile a causa di vaccinazioni obbligatorie”), è stato previsto un ulteriore indennizzo a favore dei danneggiati da vaccino già beneficiari della legge n. 210/92, confermando espressamente la rivalutazione annuale dell’intero importo (art. 1, comma 4 legge n. 229/05).
Analogamente, con decreto 2 ottobre 2009, n. 163, recante “Regolamento di esecuzione dell’articolo 2, comma 363, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, che riconosce un indennizzo ai soggetti affetti da sindrome da Talidomide, determinata dalla somministrazione dell’omonimo farmaco” è stato testualmente previsto che tale provvidenza, determinata in analogia a quanto previsto per i soggetti danneggiati da vaccinazione obbligatoria, ai sensi dell’articolo 2 della legge 25 febbraio 1992, n. 210 sia interamente rivalutato annualmente in base alla variazione degli indici ISTAT.
Se quindi si prende per buona la norma contenuta nella manovrina si finisce comunque per giustificare una discriminazione irragionevole siccome fondata su differenti condizioni di salute, in violazione dell’art. 14 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (C.E.D.U.) e dell’art. 21 della Carta Europea dei Diritti dell’Uomo.
E meno male che, con legge n.18/2009, lo Stato italiano ha ratificato la Convenzione della Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità !
Verrebbe veramente voglia di agire (anche) in base alla Legge 1 marzo 2006, n.67. recante “Misure per la tutela giudiziaria delle persone con disabilità vittime di discriminazioni”, ma approfondiremo anche questo argomento.
Più in generale ho l’impressione che, da un’operazione nata allo scopo di contenere la spesa pubblica, lo Stato potrebbe presto rischiare, paradossalmente, di dover sostenere costi ben maggiori
Medio tempore, in attesa di testare sul campo la tenuta di questa ricostruzione della normativa, auspicando ovviamente l’eliminazione in toto delle previsioni da noi contestate, invito tutti i Clienti dello studio a informarmi tempestivamente laddove dovessero ricevere comunicazioni di revoca della rivalutazione da parte degli enti pagatori in quanto occorrerà valutare con la massima tempestività le iniziative giudiziarie – e non – da intraprendere.

Buona giornata a tutti

Avv. Simone LAZZARINI

Approfondimento pubblicato il 9 Giugno 2010 - Tutti i diritti riservati Studio Legale Lazzarini.


  1. teresa 12 Giu 2010 | Rispondi

    Il decreto non parla di cessazione di efficacia dei titoli esecutivi, che dunque rimangono perfettamente validi ed idonei per agire esecutivamente contro l’ente debitore.
    Quindi se il ministero fa’ braccio di ferro io posso fare un’ingiunzione di pagamento?grazie

  2. Rosaria 15 Giu 2010 | Rispondi

    Per Teresa.
    Purtroppo nella relazione del governo al senato per l’approvazione dei commi che ci riguardano si parla però di cessazione di efficacia di provvedimenti non ancora esecutivi:
    La disposizione in oggetto pertanto è diretta a recepire normativamente l’ultimo orientamento giurisprudenziaIe.
    Infine, le disposizioni recate dal comma 14 stabiliscono che, fermi restando gli effetti esplicati da sentenze passate in giudicato per i periodi da esse definiti, a partire dalla data di entrata in vigore del presente decreto cessi l’efficacia di provvedimenti emanati al fine di rivalutare la somma di cui al comma 13, in forza di un titolo esecutivo. Sono fatti salvi gli effetti prodottisi fino alla data di entrata in vigore del presente decreto.”

  3. teresa 15 Giu 2010 | Rispondi

    Cara rosaria tu non hai una sentenza passata in giudicato? La mia è passata in giudicato pertanto valida per essere ammessa all’adeguamento,ciao teresa

  4. Rosaria 18 Giu 2010 | Rispondi

    Cara Teresa, scusami, ma mi accorgo ora del tuo post.
    Si anch’io ho un provvedimento a mio favore esecutivo, ma nel decreto è esplicitamente riferito:”… a partire dalla data di entrata in vigore del presente decreto cessi l’efficacia di provvedimenti emanati al fine di rivalutare la somma di cui al comma 13, in forza di un titolo esecutivo. Sono fatti salvi gli effetti prodottisi fino alla data di entrata in vigore del presente decreto.”
    Per me, ciò significa (se, malauguratamente, dovesse essere convertito in legge il suddetto decreto)che il rateo dell’indennizzo verrebbe riportato all’importo originario.
    Un caro saluto.

  5. l’art. 11 commi 13 e 14 del DL 78/2010 sono gravemente dannose per tutti i nostri clienti e vanno combattuti.
    Mi permetta il collega Lazzarini di approfittare del suo sito per invitare le Associazioni a darsi subito da fare nel fare modificare tale norme gravemente lesiva dei loro diritti.Concordo con Lui che lo Stato e per esso la sua burocrazia ha cercato e sta cercando di aggiungere al danno già fatto altro danno agli emotrasfusi danneggiati
    Avv. Giuseppe Collerone

  6. luigi de sena 30 Giu 2010 | Rispondi

    ho una sentenza passata in giudicato e in data 30 giugno 2010 ho ricevuto gli arretrati.
    Ebbene il burocrate del ministero ha ritenuto
    in palese violazione delle disposizioni di giudizio di valutare solo il periodo che va dal settembre 96 al dicembre 2006 rifiutandomi l’adeguamento della pensione e persino la rivalutazione per i periodi 2007-2008-2009-2010. La sentenza è del GIUGNO 2008 e non è stato interposto appello. Nel decreto Tremonti si dice addirittura che fermi restando gli effetti esplicati da sentenze passate in giudicato per i periodi da esse definiti cessi l’efficacia solo a partire
    dall’entrata in vigore del presente decreto.
    Vi chiedo, in queste interpretazioni così gravemente lesive dei nostri diritti, il responsabile che definisce la pratica amministrativa è completamente irresponsabile delle sue decisioni ? La sua interpretazione così palesemente cervellotica e in contrasto con il dettato della sentenza non prevede alcun risvolto oltrechè civile anche penale ? grazie e saluti a TUTTI

  7. s 9 Lug 2010 | Rispondi

    Scusate, ma c’è qualcuno di voi che ha una sentenza notificata nel primo semestre del 2009 ed ha ricevuto già gli arretrati? Vi prego rispondete per favore.

  8. giorgio musso 13 Lug 2010 | Rispondi

    Io ne ho una notificata il 6.07.2009 ed ancora aspetto il pagamento degli arretrati e delle spese legali

  9. teresa 14 Lug 2010 | Rispondi

    io ho la notifica a giugno 2008 e mi hanno pagato ad aprile 2010

  10. mostarda 16 Lug 2010 | Rispondi

    Il Ministro TREMONTI, usa due pesi e due misure, per tutti i beneficiari, della L. 210, in finanziaria inserisce l’art. 11 commi 13-14 e nella sua Piemonte, tramite il Presidente Cota, il Consiglio regionale ad unanimità, fà approvare la rivalutazione della stessa, cosa molto saggia, federalismo è anche questo, ed ecco perchè torno a ripetere che la conferenza delle Regioni, tramite il coordinatore VASCO ERRANI, è ad oggi l’unica soluzione possibile.

  11. segretario 17 Lug 2010 | Rispondi

    Caro avvocato, mi preme esprimere un concetto:
    Secondo me, per quel poco che ne posso capire, chi ha una sentenza passata ingiudicato, non ha nulla da temere, se le Regioni non pagano, si fa la solita procedura, aldilà dell’art. 11 commi 13-14, una sentenza del Giudice, non è cosa da poco e una legge non la può rendere inefficiente, perché cadrebbero tutti i principi fondanti di uno STATO di DIRITTO, ed si aprirebbe un scontro tra potere esecutivo e potere legislativo, se passa questo principio vorrebbe dire che tutte le sentenze, di qualsiasi natura esse siano fino ad oggi emesse e passate ingiudicato, potrebbero essere annullate dal parlamento e ciò non è assolutamente possibile.
    Le chiedo umilmente conforto e la ringrazio per la possibilità che ci da di scrivere sul suo blog.
    Sentitamente ringrazio e Saluto

  12. Massimo 7 Ago 2010 | Rispondi

    Ill.stre Avv.non capisco per quale motivo la asl VT che effettua il pagamento del rateo del risarcimento legge 210, sono un operatore sanitario, non ha una data anche approssimativa del versamento,sono stato anche 3 mesi sensa percepirla,le scuse apportate sono sempre le stesse:trasferimenti da parte della regione non avvenuti,banca che non ha ricevuto la copertura ma non c’è mai responsabilità da parte degli uffici della asl preposti, grazie

  13. Massimo 7 Ago 2010 | Rispondi

    Ho fatto causa per la rivalutazione dell’indennizzo legge 210, conclusa a giugno 2010, respinta con motivazioni riconducibili alle precedenti sentenze e le spese hanno gravato non poco la situazione, scusate, saluto cordialmente

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