Continua, seriale ed incomprensibile, l’inerzia del Ministero della Salute che, nonostante le numerose sentenze di condanna, non provvede spontaneamente all’adempimento delle stesse in favore dei danneggiati.
E continua, senza sosta, la nostra battaglia per rendere effettiva la tutela assistenziale e risarcitoria in favore dei nostri assistiti.
Nella sola giornata di oggi, 23 maggio 2016, il TAR Lombardia, Sede di Milano, ha pubblicato ben sette sentenze con le quali ha ordinato al Ministero della Salute:
di corrispondere gli arretrati maturati a titolo di rivalutazione Istat secondo il tip maturati anche sulla somma corrispondente all’indennità integrativa speciale che compone l’assegno bimestrale di cui alla legge 210/1992 (4 casi, definiti con le sentenze nn.1005, 1007, 1014 e 1016);
di corrispondere l’assegno una tantum al marito di una danneggiata, in vita affetta da thalassemia major, deceduta a causa dell’aggravarsi della patologia epatica contratta in conseguenza delle trasfusioni (1 caso, definito con sentenza n.1013/2016);
di corrispondere l’indennizzo ex lege 210/1992, correttamente rivalutato, ad una danneggiata, trasfusa occasionale (1 caso, definito con sentenza n.1006/2016);
di corrispondere il risarcimento del danno, ammontante complessivamente a circa € 220.000,00=, ad un danneggiato, thalassemico major, purtroppo affetto da infezione hcv cronicizzatasi, contratta in conseguenza delle trasfusioni di sangue subite (1 caso, definito con sentenza n.1015/2016).
In tutti i casi si tratta di sentenze di due, tre o addirittura quattro anni fa per il cui adempimento il Tar ha ordinato il pagamento del dovuto entro 60 giorni nominando sin d’ora, per il caso di ulteriore inadempienza, un commissario ad acta che dovrà provvedere nei 60 giorni successivi.
I giudici amministrativi hanno anche stabilito che, dalla data di comunicazione della sentenza in via amministrativa, sia dovuta una penalità di mora, calcolata nella misura degli interessi legali per ogni giorno di ritardo nell’integrale adempimento della sentenza.
Francamente si continua ad ignorare il motivo per il quale, in spregio a tutti gli ammonimenti anche sovranazionali in punto di eccessiva durata dei giudizi civili, continui a rimandarsi un ormai non più differibile adeguamento numerico del personale preposto alla liquidazione delle varie sentenze presso il Ministero della Salute.
I diritti dei danneggiati non possono attendere anni e, come insegna la Corte Europea, un ritardo di oltre sei mesi da parte dello Stato nel dare esecuzione alle sentenze di condanna non è in alcun modo giustificabile, a maggior ragione se, per far valere le proprie ragioni, già pacificamente accertate con sentenza passata in giudicato, l’interessato è costretto a promuovere una nuova ed ulteriore iniziativa legale.
Legge 210/1992: anche il Tribunale di Pavia conferma. La decorrenza del termine decadenziale di 3 anni scatta soltanto da quando il danneggiato è consapevole dell’origine post-trasfusionale della malattia
Con sentenza n.186/2016, pubblicata il 10 maggio u.s., il Tribunale di Pavia, Sezione Lavoro, ha riconosciuto il diritto all’indennizzo ex lege 210/1992 in favore di una danneggiata, trasfusa occasionale assistita dal nostro studio, riconoscendo che il danno subito andava ricollegato alle trasfusioni di sangue somministrate nel lontano 1982, ma soprattutto considerando pienamente tempestiva la domanda d’indennizzo presentata in quanto, né in occasione del primo rilievo di sieropositività, né successivamente, i sanitari che l’avevano in cura le avevano mai prospettato la possibile origine post-trasfusionale della patologia
La decisione del tribunale di Pavia non appare certamente eccentrica, ma piuttosto sembra pienamente in linea con le recentissime ordinanze della Corte di Cassazione nn. 3693, 5288 e 5289 del 2016 che hanno appunto ribadito il principio per cui la mera consapevolezza della sieropositività ed eventualmente anche della malattia non è sufficiente a far decorrere il termine di decadenza triennale per la presentazione della domanda d’indennizzo
Tribunale di Pavia, Sezione Lavoro, sentenza 10 maggio 2016, n.186 – privacy
Fissata al 25 maggio p.v. l’udienza in camera di consiglio avanti al TAR Lazio per discutere dell’istanza di nomina di un commissario ad acta presentata dall’ATDL nell’interesse dei propri associati ancora in attesa di riscontro definitivo alla domanda di accesso alla successiva fase di stipula delle transazioni
Nel 2011 l’Associazione talassemici e drepanocitici lombardi (ATDL Onlus) ha proposto, unitamente ad altre associazioni, ricorso per class action amministrativa avanti al TAR Lazio per costringere il Ministero della Salute a dar seguito, ai sensi e per gli effetti della legge n.244/2007 alla procedura transattiva per il risarcimento del danno biologico da trasfusioni di sangue e somministrazione di emoderivati infetti.
Con sentenza n.1682/2012 il TAR Lazio ha così stabilito: “deve concludersi per la sussistenza di un obbligo dell’Amministrazione resistente di concludere il procedimento con un provvedimento espresso, in applicazione della previsione dell’art. 2, 1° comma della l. 7 agosto 1990, n. 241 e del generale principio di certezza dei rapporti giuridici e di tutela dell’affidamento del privato.
Essendo ormai ampiamente decorso il termine per la conclusione del procedimento stesso (da Individuarsi, in mancanza di specifica indicazione, nel termine sussidiario di novanta giorni previsto dall’art. 2, 3° comma della l. 7 agosto 1990 n. 241), deve quindi trovare accoglimento la pretesa dei ricorrenti ad un provvedimento espresso e motivato (art. 2, 1° comma l. 7 agosto 1990 n. 241) che concluda il procedimento instaurato a seguito delle domande già a suo tempo presentate. Peraltro, siffatto obbligo non può venir meno in ragione della mancata emanazione del decreto di natura non regolamentare del Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze previsto dall’art. 5 del d.m.”
Nonostante quanto stabilito dal TAR Lazio il Ministero della Salute si è limitato a pubblicare il decreto moduli del 4 maggio 2012 (oggetto di separate azioni), mentre non ha ottemperato all’invito del TAR di riscontrare in tempi rapidi le singole domande di accesso alla transazione, così determinando la successiva nomina di un commissario ad acta, incaricato appunto di riscontrare in via definitiva tali domande (sentenza n.4029/2013).
Sennonchè, ad oggi, il commissario ad acta si è di fatto occupato, a quanto risulta, delle sole posizioni di quei danneggiati che, per rafforzare l’iniziativa delle associazioni, erano intervenute anche individualmente nel ricorso per class action amministrativa.
In tal modo è stata frustrata la finalità stessa della class action, che è stata ideata dal legislatore con l’intento dichiarato di rimuovere problemi sistemici dell’amministrazione, evitando di costringere i singoli cittadini a promuovere onerose azioni individuali.
Infatti, ad oltre sei anni di distanza, risultano ancora inevase numerosissime domande di adesione alla transazione.
Pertanto, nell’interesse dei propri soci, l’ATDL ha chiesto al TAR Lazio di estendere l’incarico del commissario ad acta in origine nominato anche all’esame delle altre domande di transazione presentate da quei soggetti che, pur non essendo a suo tempo intervenuti individualmente nella class action, sono comunque a tutti gli effetti soci dell’associazione.
L’obiettivo è comprendere se la domanda del singolo è provvista o meno dei requisiti per transare, anche per poter più serenamente ponderare un’eventuale adesione all’equa riparazione.
Il commissario ad acta auspicabilmente designato dovrà:
a) agire con imparzialità, applicando cioè i medesimi criteri adottati nel riscontrare le domande di transazione accolte nell’ottobre 2014 (e ciò a maggior ragione ora, considerato che le Sezioni Unite della Cassazione hanno confermato la nostra tesi in ordine alla natura amministrativa del procedimento finalizzato alla verifica dei requisiti per transare);
b) considerare che è stato annullato (o comunque deve essere disapplicato siccome pacificamente illegittimo) l’art.5 comma 2 del DM 4 maggio 2012 (si veda, esemplificativamente, ma non esaustivamente, il parere espresso dal Consiglio di Stato in sede consultiva n.14/2015 ed anche il D.M. 4 maggio 2015 a definizione del ricorso straordinario al Capo dello Stato presentato da taluni associati avverso il decreto moduli);
c) considerare è stata pubblicata la sentenza del Tribunale civile di Roma, Sezione seconda, 29 settembre 2014, n.19054 che accerta il diritto al risarcimento del danno in favore di tutti gli associati, danno da liquidarsi in separato giudizio;
L’eventuale diniego all’accesso alla successiva fase di stipula della transazione sarà poi valutato caso per caso e si deciderà come ulteriormente procedere, questa volta su base individuale
Le Sezioni Unite affidano al giudice amministrativo le controversie sul rifiuto opposto dalla P.A. all’istanza di riconoscimento del danno da emotrasfusione
In tema di danni da emotrasfusione, il rifiuto opposto dalla P.A. all’istanza di transazione del danneggiato non incide sul diritto soggettivo al risarcimento, ma sull’interesse all’osservanza della normativa secondaria concernente la procedura transattiva, sicché l’impugnazione del diniego non rientra nella giurisdizione del giudice ordinario, ma in quella del giudice amministrativo, cui spetta decidere, nel merito, se l’atto negativo lede un vero e proprio interesse legittimo o un interesse semplice non giustiziabile.
Con la sentenza in epigrafe la Suprema Corte afferma che rientrano nella giurisdizione del giudice amministrativo le controversie in materia di rifiuto opposto dalla P.A. all’istanza di transazione del danneggiato in caso di danni da emotrasfusione.
COMMENTI RECENTI