La tanto attesa pronuncia delle Sezioni Unite (qui allegata in copia su gentile concessione della banca dati Leggiditalia, Gruppo Wolters Kluwer) è arrivata (insieme ad un’altra “gemella”), sostanzialmente “sconfessando” la prima delle due sentenze sulle quali era sorto il contrasto di giurisprudenza, quella che, ricordiamolo, aveva rilevato che negare il diritto all’indennizzo a chi sia “solo” HCV positivo – ma non con epatopatia attiva – contrasterebbe con gli obiettivi “solidaristici” che la stessa normativa si era prefissata e che la giurisprudenza della Corte Costituzionale ha precisato.
Con la sentenza n.10214/2007 si era affermato anche che “la lettura costituzionalmente orientata della normativa di tutela, nel senso che l’indennizzo, pur non comparabile con il risarcimento del danno, è dovuto in tutti i casi di lesione permanente dell’integrità psico-fisica, cioè della salute come tale, indipendentemente dall’incidenza sulla capacità di produzione di reddito, conduce a ritenere sussistente il diritto a percepirlo del soggetto affetto da contagio HCV (sicuramente danno permanente alla salute), pur senza sintomi e pregiudizi funzionali attuali, dovendosi intendere il richiamo alla tabella A annessa al D.P.R. n. 834 del 1981 quale prescrizione dei criteri di massima finalizzati alla liquidazione“.
E ancora: “la doverosa interpretazione in senso costituzionalmente orientato della normativa conduce a ritenere che il danno alla salute – e non già l’incapacità lavorativa generica – rappresenta l’unità di misura che deve potere essere applicata al fine del riconoscimento dell’indennizzo”.
Con la decione del 1° aprile u.s. le SS.UU. hanno invece affermato il seguente principio di diritto:
Presentati i ricorsi alla CEDU contro il mancato riconoscimento della rivalutazione Istat secondo il t.i.p. anche sulla somma corrispondente all’indennità integrativa speciale
Vi informo che nella giornata di ieri, nell’interesse dei due sfortunati clienti vittime delle due sentenze di ottobre con le quali la Corte di Cassazione aveva sorprendentemente mutato il precedente orientamento favorevole sulla questione della rivalutazione Istat secondo il t.i.p. anche della somma corrispondente all’indennità integrativa speciale, abbiamo presentato ricorso alla CEDU di Strasburgo.
Tale coppia di ricorsi è soltanto la prima di una serie di ulteriori azioni finalizzate, si spera, ad un recupero della tutela in favore dei danneggiati ai quali, almeno ritiene lo scrivente, non può unilateralmente addossarsi l’onere di contenimento della spesa pubblica.
Sembra quest’ultima, infatti, la chiave di lettura con cui interpretare alcune recenti prese di posizione della giurisprudenza della Corte di Cassazione in materia previdenziale-assistenziale.
Va peraltro registrato con soddisfazione, sempre in tema di rivalutazione, il prevalente attestarsi, da parte della giurisprudenza di merito (Tribunali e Corti d’Appello) ai dicta delle precedenti pronunce di legittimità (nn. 15894/2005 e 18109/07)
A presto con altri aggiornamenti
Avv. Simone LAZZARINI
Rivalutazione Istat della somma corrispondente all’indennità integrativa speciale: le recenti sentenze negative della Cassazione non sono affatto “Vangelo”
Mi sembra importante segnalare che questa mattina il Tribunale di Milano, Sezione Lavoro, nella persona del Giudice Dr.ssa Chiara COLOSIMO, discostandosi dichiaratamente dal più recente sfavorevole orientamente della giurisprudenza di legittimità, ha riconosciuto il diritto alla rivalutazione Istat anche della somma corrispondente all’indennità integrativa speciale sia sui ratei arretrati (oltre 13.000 euro di differenze maturate), sia sui ratei maturandi.
Mi sembra una notizia positiva, destinata a riaprire importanti spiragli per il mantenimento di una tutela assistenziale effettiva non soltanto a parole, ma nei fatti.
Non è poco, considerata l’aria (pesante) che tira ultimamente in Cassazione per i danneggiati, con una sequela di decisioni negative che (e l’idea non è solo mia ma anche di qualche “magistrato” illuminato con cui ho avuto il privilegio di confrontarmi) paiono palesemente ispirate dall’esigenza di contenere la spesa pubblica.
Peccato che poi gli sprechi aumentino altrove (v. recente caso del vaccino anti-influenza A, stigmatizzato dalla Corte dei Conti)
Mi fermo qui per non dire altro.
A presto con altri aggiornamenti
Avv. Simone LAZZARINI
Tribunale civile di Milano, Sezione Lavoro, sentenza n.464 del 29.01.2010
Qui di seguito pubblichiamo altri precedenti favorevoli ottenuti successivamente dallo studio:
Tribunale civile di Milano, Sezione Lavoro, sentenza n. 947 del 02.03.2010
Tribunale civile di Brescia, Sezione Lavoro, sentenza n.252 del 19.03.2010
Tribunale civile di Varese, Sezione Lavoro, sentenza Dr.ssa Fedele
Tribunale civile di Milano, Sezione Lavoro, sentenza n.1577 del 12.04.2010
Questa mattina si discute avanti alle SS.UU. la vexata quaestio dell’indennizzabilità della c.d. “epatite silente”
Proprio in questi minuti lo studio LRS è impegnato avanti alle Sezioni Unite della Corte di Cassazione nella discussione del caso relativo all’indennizzabilità della c.d. epatite silente.
Le Sezioni Unite sono state investite della questione in considerazione del contrasto giurisprudenziale formatosi in seno alla Sezione Lavoro.
Con una prima pronunzia (Cass. civ. Sez. lavoro, 04-05-2007, n. 10214) la Corte, nel respingere un ricorso proposto dal Ministero, condividendo le conclusioni rassegnate dal sostituto procuratore generale, ha del tutto correttamente affermato che negare il diritto all’indennizzo a chi sia “solo” HCV positivo – ma non con epatopatia attiva – contrasterebbe con gli obiettivi “solidaristici” che la stessa normativa si era prefissata e che la giurisprudenza della Corte Costituzionale ha precisato.
Ha concluso la Corte osservando che “la lettura costituzionalmente orientata della normativa di tutela, nel senso che l’indennizzo, pur non comparabile con il risarcimento del danno, è dovuto in tutti i casi di lesione permanente dell’integrità psico-fisica, cioè della salute come tale, indipendentemente dall’incidenza sulla capacità di produzione di reddito, conduce a ritenere sussistente il diritto a percepirlo del soggetto affetto da contagio HCV (sicuramente danno permanente alla salute), pur senza sintomi e pregiudizi funzionali attuali, dovendosi intendere il richiamo alla tabella A annessa al D.P.R. n. 834 del 1981 quale prescrizione dei criteri di massima finalizzati alla liquidazione“.
E ancora: “la doverosa interpretazione in senso costituzionalmente orientato della normativa conduce a ritenere che il danno alla salute – e non già l’incapacità lavorativa generica – rappresenta l’unità di misura che deve potere essere applicata al fine del riconoscimento dell’indennizzo”.
Con una seconda pronuncia (Cass. civ. Sez. lavoro, 24-06-2008, n. 17158) la stessa Corte – in composizione differente – è invece pervenuta ad un risultato diametralmente opposto, enunciando il seguente principio di diritto: “La normativa di tutela dettata dal combinato disposto della L. n. 210 del 1992, art. 2, comma 1, e art. 4, comma 4, riferita ai soggetti danneggiati da vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni ed emoderivati, che prevede l’indennizzo in favore dei suddetti soggetti non trova applicazione nei casi di lesioni pur permanenti dell’integrità psicofisica, che non hanno però, in ragione dello stato “quiescente” della infermità, incidenza alcuna sulla capacità di produzione di reddito, con la conseguenza che non può essere riconosciuto il diritto a percepire il suddetto indennizzo da parte del soggetto affetto da contagio HCV che, per non presentare sintomi e pregiudizi funzionali attuali stante l’assenza di citolisi epatica in atto, è portatore di una infermità non rientrante in alcuna delle categorie richiamate dalla tabella A annessa al D.P.R. n. 834 del 1981“.
Vi terremo aggiornati sull’importante vicenda, che avrà certamente significative ricadute anche sulla questione del risarcimento del danno biologico e delle transazioni.
Avv. Simone LAZZARINI
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