Con sentenza n.869 depositata in data 23 giugno 2016 il TAR Brescia è tornato ad occuparsi della nota questione della mancata esecuzione delle sentenze civili, ormai passate in giudicato, con le quali lo Stato (nel caso di specie il Ministero della Salute) è condannato a versare, a titolo di indennizzo ex lege 210/1992 e/o di risarcimento del danno, somme anche ingenti in favore dei privati cittadini.
Mentre però molti TAR sparsi per l’Italia tendono incomprensibilmente a concedere all’Amministrazione un ulteriore termine per adempiere (che va a sommarsi a quello, non breve, già trascorso dalla data in cui la sentenza che si vuole venga pagata è stata emessa), il TAR di Brescia ha condivisibilmente ritenuto di adottare una soluzione che appare certo più in linea con le esigenze di garantire al privato una tutela giurisdizionale effettiva, conforme alle raccomandazioni provenienti dalle istituzioni internazionali.
Il Collegio bresciano, tenendo conto del rispetto del termine dilatorio di centoventi giorni dalla notificazione del titolo esecutivo e del tempo già trascorso dal deposito della sentenza della Corte d’Appello-Sezione Lavoro di Brescia n. 491/2013, ha ritenuto preferibile nominare direttamente il commissario ad acta, “che dovrà adottare tutti i provvedimenti amministrativi e contabili necessari, fino all’emissione del mandato di pagamento a favore del ricorrente. Questo compito è attribuito al responsabile della DG Vigilanza sugli Enti e Sicurezza delle Cure presso il Ministero della Salute, in considerazione dell’attuale competenza specifica di tale articolazione organizzativa in materia di indennizzi. Trattandosi di un dirigente dell’amministrazione convenuta in giudizio, non appare necessario fissare alcun compenso”; il commissario ad acta dovrà far conseguire alla ricorrente quanto dovuto in forza della citata sentenza n. 491/2013, passata in giudicato, con gli interessi legali fino al saldo, nonché le spese del presente giudizio (liquidate come in dispositivo) e il rimborso del contributo unificato; il termine di emissione del mandato di pagamento è fissato in sessanta giorni dal deposito della presente sentenza.
Di particolare importanza appare il rilievo che “la mancanza di disponibilità finanziarie su un apposito capitolo di bilancio non è un’esimente per non onorare i debiti dell’amministrazione accertati mediante sentenza (v. CEDU GC 29 marzo 2006, Cocchiarella, punto 90; CEDU Sez. II 21 dicembre 2010, Gaglione, punto 35). L’amministrazione è quindi tenuta, direttamente o su impulso del commissario ad acta, a operare le necessarie variazioni di bilancio per reperire fondi sufficienti al pagamento delle somme dovute (v CEDU, Cocchiarella, cit., punto 101; CEDU, Gaglione, cit., punto 59), anche modificando le priorità di spesa precedentemente stabilite.”
Non sempre lo stato di alterazione psico-fisica del conducente è rilevante al fine del riparto di responsabilità negli incidenti stradali
Con sentenza parziale depositata il 22 giugno 2016 il Tribunale di Milano ha stabilito che lo stato di alterazione psico-fisica del conducente di un motociclo non è idoneo a fondare neppure un concorso di colpa qualora il conducente dell’altro veicolo incidentato, pur avendo azionato l’indicatore di direzione, abbia posto in essere una manovra repentina (nella fattispecie trattavasi di svolta a sinistra così tagliando la strada a moto in fase di sorpasso).
Affermata pertanto l’esclusiva responsabilità nella causazione del sinistro da parte del conducente dell’auto, è stata disposta CTU medico-legale per la determinazione del quantum debeatur
Anche il Tribunale di Milano conferma la responsabilità del Ministero della salute per trasfusioni di sangue infetto somministrate prima del 1978 – No allo scomputo dell’indennizzo ex lege 210/1992 senza la prova rigorosa (che spetta al Ministero fornire) di quanto percepito
Con sentenza n.7702 del 21 giugno 2016, il Tribunale di Milano ha nuovamente ribadito la responsabilità del Ministero per trasfusioni di sangue infetto anche per eventi trasfusionali antecedenti al 1978, condannando l’Amministrazione a risarcire in misura pari ad oltre euro 730.000,00= gli eredi di un soggetto deceduto.
La tesi sostenuta dal tribunale meneghino, secondo cui anche ben prima dell’isolamento del virus dell’HCV erano pienamente esigibili dall’Amministrazione obblighi di vigilanza, appare in linea con la giurisprudenza assolutamente maggioritaria, tanto di legittimità (da ultimo vedasi le sentenze n.2232 e n.11792/2016), quanto di merito.
Ad opinione di chi scrive è anzi proprio la paziente e capillare disamina di quest’ultima giurisprudenza a offrire spunti ancora più confortanti a sostegno della tesi sulla “retrodatabilità” della responsabilità ministeriale non soltanto per numerosità, ma anche per contenuti.
Infatti, oltre al foro “milanese” (di cui ricordiamo, ex plurimis, le sentenze del Tribunale n.13246/2015 e 5801/2012), anche altri fori hanno nella sostanza condiviso tali argomentazioni, con le seguenti sentenze:
Tribunale di Bari, n.170/2014 e n.3203/2015, in relazione a trasfusioni somministrate, rispettivamente, tra il novembre 1975 ed il settembre 1976 e nell’aprile 1977;
Tribunale di Caltanissetta, n.234/2015), in relazione a trasfusioni somministrate nel luglio 1972;
Tribunale di Catania, n.718, n.2712 e n.3117/2016, in relazione a trasfusioni somministrate, rispettivamente, nel novembre-dicembre 1968, nell’agosto 1975 e nel 1974;
Corte d’Appello di Catania, n.268/2016, in relazione a trasfusioni somministrate nel maggio-giugno 1967;
Tribunale di Catanzaro, n.816/2015, in relazione a trasfusioni somministrate nel 1973;
Tribunale di Firenze, n.509, n.1339, n. 1617 e n. 3500/2013, n.2740/2014, n.76 e n.2056/2015, in relazione a trasfusioni somministrate, rispettivamente, nel maggio 1971, tra il gennaio ed il settembre 1971, nell’aprile 1977, nell’aprile 1975, nell’ottobre 1977, nel luglio 1968 e nel 1975;
Corte d’Appello di Firenze, n.1837 e n.1838/2015, in relazione a trasfusioni somministrate, rispettivamente, nel 1976 e nel maggio 1971;
Tribunale dell’Aquila n.824/2014 (poi confermata da Corte d’Appello dell’Aquila, n.206/2016) con la quale, avuto riguardo ad una trasfusione occorsa addirittura nel 1965, si osserva acutamente che “è senz’altro da ammettere che il sangue e gli emoderivati utilizzati non siano stati sottoposti alle preventive indagini di laboratorio successivamente codificate ed atte a valutare l’assenza di agenti patogeni infettanti quali l’epatite C all’epoca ancora non identificato”, “non è altresì noto se i prodotti utilizzati siano stati sottoposti al dosaggio dell’enzima ALT.., scoperto …sin dal 1955 e… commercializzati in Italia già nel 1964” e raccomandato dal Ministero con la circolare n. 50 del 28.3.66”. Si sottolinea altresì che già all’inizio degli anni sessanta numerosi grandi Centri Trasfusionali dosavano i livelli delle transaminasi nelle sacche ematiche che venivano allestite e conservate per l’utilizzo mentre i centri più piccoli “non erano ancora adeguatamente attrezzati per rilevare in via indiretta, ossia con i cosiddetti test surrogati, l’eventuale presenza di virus epatici in ragione della citolisi dagli stessi indotta. Censurabile è infine lo stesso ritardo del Ministero nell’emanazione della circolare n. 50 del 1966 a fronte delle conoscenze scientifiche e della commercializzazione di prodotti per il rilevamento dell’aumento delle transaminasi già nel 1964.
Tribunale di Napoli, n.6354/2014, in relazione a trasfusioni somministrate nell’aprile 1976;
Tribunale di Palermo, n.2678/2014, n.3640, n.5355, n.6726 e n.6810/2015, in relazione a trasfusioni somministrate rispettivamente, nel 1969, nel 1971, nel 1977, nel 1971 e nell’agosto 1970;
Corte d’Appello di Venezia, n.444/2016, in relazione a trasfusioni somministrate nell’aprile 1977;
Tribunale di Roma, n. 10448 e n.23474/2014, n. 1838, n.4900, n.5155, n.10335, n.12723, n.13182, n.14184, n.20264, n.21035 e n.23728/2015, n.1385, n.5243, n.7180, n.8418 e n.10650/2016, in relazione a trasfusioni somministrate, rispettivamente, nel dicembre 1968, nel 1971, nel 1974-1975, nell’ottobre 1972, nel 1975, nel 1969, nel giugno 1973, nel settembre 1974, nell’aprile-maggio 1977, nel dicembre 1971, nel dicembre 1975-gennaio 1976, tra l’ottobre 1974 ed il marzo 1975, nell’ottobre 1974, nel luglio 1972, tra il gennaio e l’aprile 1976 e tra il dicembre 1969 ed il gennaio 1970 e, infine, nell’ottobre 1966.
Tribunale di Torino, sentenza n.2371/2015, riguardante un caso di trasfusione del 1967.
La freschissima sentenza del tribunale di Milano appare ulteriormente significativa perché, nel caso di un soggetto deceduto, nella liquidazione del danno iure hereditatis, valorizza il c.d. “danno terminale”, andando oltre la rigida applicazione dei valori tabellari previsti per il risarcimento dell’invalidità temporanea e perché, nella liquidazione del danno da perdita del rapporto parentale alla sorella per la morte del fratello personalizza la liquidazione del danno ben oltre le tabelle milanesi.
Da segnalare, infine, la scelta del giudice di non operare alcuno scomputo, dal quantum risarcibile, dell’indennizzo ex lege 210/92 eventualmente percepito “non avendo il Ministero offerto idonea prova delle somme erogate al danneggiato ed agli attori ex lege n. 210 del 1992, essendosi l’amministrazione convenuta meramente limitata ad allegare la predetta istanza senza fornire alcun dato quantitativo accompagnato dai rispettivi riferimenti cronologici in ordine alle singole erogazioni del predetto indennizzo.”
Fissata al 25 maggio p.v. l’udienza in camera di consiglio avanti al TAR Lazio per discutere dell’istanza di nomina di un commissario ad acta presentata dall’ATDL nell’interesse dei propri associati ancora in attesa di riscontro definitivo alla domanda di accesso alla successiva fase di stipula delle transazioni
Nel 2011 l’Associazione talassemici e drepanocitici lombardi (ATDL Onlus) ha proposto, unitamente ad altre associazioni, ricorso per class action amministrativa avanti al TAR Lazio per costringere il Ministero della Salute a dar seguito, ai sensi e per gli effetti della legge n.244/2007 alla procedura transattiva per il risarcimento del danno biologico da trasfusioni di sangue e somministrazione di emoderivati infetti.
Con sentenza n.1682/2012 il TAR Lazio ha così stabilito: “deve concludersi per la sussistenza di un obbligo dell’Amministrazione resistente di concludere il procedimento con un provvedimento espresso, in applicazione della previsione dell’art. 2, 1° comma della l. 7 agosto 1990, n. 241 e del generale principio di certezza dei rapporti giuridici e di tutela dell’affidamento del privato.
Essendo ormai ampiamente decorso il termine per la conclusione del procedimento stesso (da Individuarsi, in mancanza di specifica indicazione, nel termine sussidiario di novanta giorni previsto dall’art. 2, 3° comma della l. 7 agosto 1990 n. 241), deve quindi trovare accoglimento la pretesa dei ricorrenti ad un provvedimento espresso e motivato (art. 2, 1° comma l. 7 agosto 1990 n. 241) che concluda il procedimento instaurato a seguito delle domande già a suo tempo presentate. Peraltro, siffatto obbligo non può venir meno in ragione della mancata emanazione del decreto di natura non regolamentare del Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze previsto dall’art. 5 del d.m.”
Nonostante quanto stabilito dal TAR Lazio il Ministero della Salute si è limitato a pubblicare il decreto moduli del 4 maggio 2012 (oggetto di separate azioni), mentre non ha ottemperato all’invito del TAR di riscontrare in tempi rapidi le singole domande di accesso alla transazione, così determinando la successiva nomina di un commissario ad acta, incaricato appunto di riscontrare in via definitiva tali domande (sentenza n.4029/2013).
Sennonchè, ad oggi, il commissario ad acta si è di fatto occupato, a quanto risulta, delle sole posizioni di quei danneggiati che, per rafforzare l’iniziativa delle associazioni, erano intervenute anche individualmente nel ricorso per class action amministrativa.
In tal modo è stata frustrata la finalità stessa della class action, che è stata ideata dal legislatore con l’intento dichiarato di rimuovere problemi sistemici dell’amministrazione, evitando di costringere i singoli cittadini a promuovere onerose azioni individuali.
Infatti, ad oltre sei anni di distanza, risultano ancora inevase numerosissime domande di adesione alla transazione.
Pertanto, nell’interesse dei propri soci, l’ATDL ha chiesto al TAR Lazio di estendere l’incarico del commissario ad acta in origine nominato anche all’esame delle altre domande di transazione presentate da quei soggetti che, pur non essendo a suo tempo intervenuti individualmente nella class action, sono comunque a tutti gli effetti soci dell’associazione.
L’obiettivo è comprendere se la domanda del singolo è provvista o meno dei requisiti per transare, anche per poter più serenamente ponderare un’eventuale adesione all’equa riparazione.
Il commissario ad acta auspicabilmente designato dovrà:
a) agire con imparzialità, applicando cioè i medesimi criteri adottati nel riscontrare le domande di transazione accolte nell’ottobre 2014 (e ciò a maggior ragione ora, considerato che le Sezioni Unite della Cassazione hanno confermato la nostra tesi in ordine alla natura amministrativa del procedimento finalizzato alla verifica dei requisiti per transare);
b) considerare che è stato annullato (o comunque deve essere disapplicato siccome pacificamente illegittimo) l’art.5 comma 2 del DM 4 maggio 2012 (si veda, esemplificativamente, ma non esaustivamente, il parere espresso dal Consiglio di Stato in sede consultiva n.14/2015 ed anche il D.M. 4 maggio 2015 a definizione del ricorso straordinario al Capo dello Stato presentato da taluni associati avverso il decreto moduli);
c) considerare è stata pubblicata la sentenza del Tribunale civile di Roma, Sezione seconda, 29 settembre 2014, n.19054 che accerta il diritto al risarcimento del danno in favore di tutti gli associati, danno da liquidarsi in separato giudizio;
L’eventuale diniego all’accesso alla successiva fase di stipula della transazione sarà poi valutato caso per caso e si deciderà come ulteriormente procedere, questa volta su base individuale
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