Febbraio 17

Class action: il TAR Lazio ordina al Ministero di chiudere la procedura transattiva per il risarcimento dei danni da sangue infetto entro 90 giorni (17 maggio)

Era ora, finalmente, dopo la discussione del 5 dicembre 2011 è arrivata la decisione che attendevamo.
Con sentenza n.1682 del 17 febbraio 2012 il TAR Lazio, in riferimento all’azione promossa da varie associazioni e gruppi di danneggiati per sollecitare il Ministero a dare seguito alla procedura per la definizione transattiva delle cause aventi ad oggetto il risarcimento del danno biologico da somministrazione di sangue ed emoderivati infetti, ha così stabilito: “….deve concludersi per la sussistenza di un obbligo dell’Amministrazione resistente di concludere il procedimento con un provvedimento espresso, in applicazione della previsione dell’art. 2, 10 comma della 1. 7 agosto 1990, n. 241 e del generale principio di certezza dei rapporti giuridici e di tutela dell’affidamento del privato.
Essendo ormai ampiamente decorso il termine per la conclusione del procedimento stesso (da individuarsi, in mancanza di specifica indicazione, nel termine sussidiario cli novanta giorni previsto dall’art. 2, 30 comma della 1. 7 agosto 1990 n. 241), deve quindi trovare accoglimento la pretesa dei ricorrenti ad un provvedimento espresso e motivato (art. 2, 1° comma 1. 7 agosto 1990 n. 241) che concluda il procedimento instaurato a seguito delle domande già a suo tempo presentate.
Peraltro, siffatto obbligo non può venir meno in ragione della mancata emanazione del decreto di natura non regolamentare del Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali cli concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze previsto dall’art. 5 del d.m. 28 aprile 2009 n. 132, trattandosi di un adempimento che doveva già essere effettuato dalla stessa Amministrazione resistente.
Deve quindi essere annullato l’atto impugnato ed affermato l’obbligo per il Ministero della salute di pronunciarsi con provvedimento espresso sulle domande di adesione alla transazione presentate dai ricorrenti, anche previa emanazione del decreto di natura non regolamentare sopra citato, entro 90 (novanta) giorni dalla notifica o, se anteriore, dalla comunicazione in via amministrativa della presente sentenza
“.
Siamo consapevoli che l’obiettivo raggiunto, che verosimilmente non verrà rispettato nei tempi dal Ministero della Salute, non esaurirà il percorso necessario al raggiungimento di un risultato positivo e soddisfacente per tutti, ma almeno cominciano ad esserci dei punti fermi e degli obblighi cui l’Amministrazione non può pensare di sottrarsi ad libitum, impregiudicata, non mi stancherò di ripeterlo, una soluzione legislativa alla questione degli emotrasfusi, la quale tuttavia presupporrebbe ben altra concretezza da parte dei nostri politicanti.
Buona serata

Avv. Simone LAZZARINI

Gennaio 14

Maxi-risarcimento a una famiglia di una giovane thalassemica deceduta a causa dell’HCV: il Tribunale di Milano condanna il Ministero della Salute a pagare oltre 1.350.000 euro agli eredi

Con sentenza n. 139/2012 emessa il 10 gennaio u.s. dal Tribunale di Milano, Sezione decima civile, Dr.ssa Giovanna Gentile, in un caso seguito dal nostro studio, il Ministero della Salute è stato condannato a risarcire il complessivo importo di oltre un milione e trecentocinquantamila euro ai genitori ed al fratello di una giovane thalassemica deceduta a causa dell’HCV.
Naturalmente non si tratta nè della prima nè dell’ultima sentenza che un tribunale italiano emette in casi simili.
Siamo a conoscenza di casi in cui le liquidazioni concesse sono state ancora superiori.
Tuttavia due dati ci sembrano meritevoli di essere segnalati nel caso da noi seguito.
Sotto un primo profilo va osservato che, se il Ministero della Salute avesse perfezionato a tempo debito la procedura transattiva cui anche gli eredi della sfortunata giovane avevano aderito (rinviando più volte l’udienza conclusiva), avrebbe risparmiato – e quindi fatto risparmiare anche ai contribuenti che in fin dei conti siamo sempre noi – oltre settecentomila euro.
è vero che la sentenza è soltanto di primo grado, tuttavia non è affatto da escludere che l’esito di un eventuale appello possa addirittura peggiorare l’entità della condanna al risarcimento dovuto dal Ministero della Salute, considerato che nell’importo liquidato non si è tenuto conto nè del danno non patrimoniale subito dalla giovane quand’era in vita (e reclamato dagli attori iure hereditario), nè del danno patrimoniale (danno emergente e lucro cessante) subito dagli eredi durante la malattia ed in conseguenza del decesso della congiunta.
Non sembra pertanto fuori luogo ipotizzare, considerate anche le parallele iniziative della class action amministrativa e del ricorso alla CEDU, la configurabilità di un significativo danno all’erario conseguente ai ritardi nella chiusura dell’iter transattivo.
Sotto un secondo profilo va sottolineato che, nel caso che occupa, il Tribunale – alla luce della particolarità del caso – ha motivatamente ritenuto di discostarsi dalle tabelle in uso presso il tribunale di milano per il risarcimento del c.d. danno da perdita del rapporto parentale, liquidando nel caso del fratello della deceduta un importo addirittura quasi triplo rispetto ai massimi tabellari e comunque significativamente superiore ai massimi anche per quanto riguarda i genitori.
Ecco il passaggio più significativo della sentenza:
Nel caso di specie spetta ai congiunti, non essendo revocabile in dubbio il nesso causale tra la grave patologia della vittima e suo decesso il danno non patrimoniale inteso non solo come sofferenza patita per la morte ma anche come lesione del diritto costituzionalmente garantito all’integrità della famiglia …. …..considerate anche la lunga durata della malattia, le sofferenze dei suoi parenti, l’alternarsi di speranze e di terribili delusioni ed infine la morte in giovane età si stima equo liquidare, nello specifico caso, a ciascuno dei congiunti nella rispettiva qualità di genitori e fratelli la somma di euro 380.000,00 per ciascuno dei genitori e la somma di euro 360.000 per il fratello…..“.
E ancora:
condanna il Ministero della Salute a corrispondere agli attori la somma di euro 382.500,00 per ciascuno dei genitori e di euro 360.000 per il fratello …. .; dette somme devono essere maggiorate degli interessi compensativi del 2% dalla data dell’evento di morte alla data della sentenza oltre interessi legali dalla sentenza al saldo“.
Per concludere un’ultima riflessione: in generale è tutt’altro che agevole ottenere l’esecuzione di una sentenza di condanna nei confronti di una pubblica amministrazione, anche per importi ben più modesti come quelli ad esempio dovuti a titolo di differenze per rivalutazione della somma corrispondente all’indennità integrativa speciale (la parte economicamente più sostanziosa dell’indennizzo ex lege 210/1992).
Tuttavia, considerato che anche le sentenze di primo grado sono provvisoriamente esecutive, sembra sin d’ora doveroso ricordare, anche in questo caso, quanto affermato dalla CEDU in una nota decisione (CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL’UOMO, GRANDE CAMERA, Strasburgo, sentenza 29 marzo 2006), naturalmente pronunziata contro lo Stato italiano:
La Corte può ammettere che un’amministrazione possa aver bisogno di un lasso di tempo prima di procedere a un pagamento; …..comunque tale lasso di tempo non dovrebbe in genere superare sei mesi a partire dal momento in cui la statuizione ……. diviene esecutiva…….Come la Corte ha già abbondantemente ripetuto, un’autorità dello Stato non potrebbe addurre a pretesto la mancanza di risorse per onorare un debito fondato un una decisione di giustizia“.
Che tali principi siano di monito a chi, anzichè fare applicazione dei principii di buona amministrazione, da anni, si perde in chiacchiere….
Non vorremmo essere costretti a ricorrere alla Cedu anche per lamentare la mancata esecuzione delle singole sentenze….
In ogni caso siamo pronti..

Avv. Simone LAZZARINI

Dicembre 6

Class action: il tempo delle chiacchiere è finito

Nel primo pomeriggio di oggi, dopo un’attesa snervante, abbiamo finalmente discusso nel merito il ricorso per class action amministrativa che, a seguito della perdurante inerzia ministeriale, avevamo notificato ai Ministeri della Salute e dell’Economia e delle Finanze e poi depositato al TAR Lazio ancora nello scorso mese di giugno.
Preliminarmente desidero ringraziare i colleghi siciliani e romani che, intervenendo ad adiuvandum nel ricorso rispettivamente con alcune diecine e – addirittura – con alcune centinaia di assistiti, non ci hanno lasciato soli, ma hanno dimostrato nei fatti di aver pienamente condiviso la strategia adottata con i colleghi ricorrenti.
Prima dell’udienza l’avvocatura – che mai si era sentita in dovere di contattarci nei giorni precedenti – ha timidamente cercato di “strapparci” una richiesta di rinvio motivata con l’asserita imminenza della firma sul decreto, ma francamente – dopo essere appositamente venuti da Milano, Cagliari e Lecce – ci sono sembrati poco serio l’approccio e non convincenti le argomentazioni utilizzate.
Non è la prima volta che la controparte ministeriale, messa alle strette, tenta in modo assai bizzarro di stoppare le iniziative dei danneggiati in base a decisioni o fatti nuovi che, casualmente, si verificano sempre il giorno prima o stanno per accadere… è capitato diecine di volte anche in materia di indennizzo…
In sede di discussione abbiamo replicato a quanto scritto dal Ministero nelle proprie difese (un condensato di argomentazioni oggettivamente insostenibili su di una fantomatica natura “privatistica” – ?! – della procedura transattiva) ed abbiamo tutti evidenziato il non più tollerabile ritardo accumulato dal Ministero nella procedura, ritardo che proprio pochi giorni fa il Consiglio Stato ha affermato essere contrario anche all’art. 41 della Carta Europea dei Diritti fondamentali.
E ancora non abbiamo mancato di rimarcare il comportamento ondivago dell’Amministrazione che, con propria circolare, ha dapprima invitato le Avvocature distrettuali a sensibilizzare i legali dei danneggiati a chiedere rinvii nelle cause salvo poi, come dire (???!!!), “menare letteralmente il can per l’aia” per due anni limitandosi, dopo aver fatto correre tutti gli avvocati a completare la procedura telematica RIDAB entro il 19 gennaio 2010, a richiedere, all’evidente scopo di perdere tempo, il reinvio di atti e documenti già nella materiale disponibilità delle avvocature distrettuali e poi infine d’improvviso, cambiare strategia opponendosi alle richieste di rinvio… una farsa insomma…
Per tutta risposta l’Avvocatura ha negato l’esistenza di un provvedimento che in vece avevamo potuto vedere con i nostri occhi (la circolare che invitava a richiedere i rinvii nella cause pendenti) ed ha tentato maldestramente di portare la discussione su un tema, quello della necessità, avvertita dall’Avvocatura, di evitare di transare con soggetti con sentenze negative per prescrizione (così si è espresso l’Avvocato dello Stato), del tutto estraneo all’iniziativa della class action, come pure acutamente rilevato dal Presidente e comunque non idoneo da solo a giustificare due anni di attesa prima di prendere una decisione, qualunque essa sia (“siamo ben oltre il silenzio” ha laconicamente, ma significativamente rilevato il Presidente).
La causa è stata quindi trattenuta in decisione.
Naturalmente non mancheremo d’informarvi sugli ulteriori sviluppi.
Per concludere un doveroso chiarimento.
Personalmente, come ho più volte avuto modo di sottolineare a clienti e colleghi, sarei felicissimo se si realizzasse l’ipotesi del “superindennizzo” di cui allo schema di decreto legge del 5 maggio, ma se la volontà fosse stata e fosse reale la presente azione dovrebbe ed avrebbe dovuto rappresentare uno stimolo, non certo un ostacolo, considerato che la class action era stata preceduta dalla diffida ormai nove mesi or sono e che, nell’ambito di altra lodevole iniziativa giudiziaria, l’inerzia dell’amministrazione era stata censurata oltre un anno fa…
Chiunque dell’amministrazione statale sostenga il contrario (e cioè che la class action impedirebbe l’attuazione del maxi-decreto del 5 maggio) è in evidente malafede e tenta strumentalmente di precostituirsi un alibi per continuare a non fare gli interessi dei danneggiati, che dal primo gennaio (esemplificativamente) saranno costretti a pagare quasi tremila euro di contributo unificato (e quindi non spese di avvocato, ma spese in favore di quello stesso Stato che quel danno ha cagionato) per proporre un ricorso per cassazione avverso una sentenza di corte d’appello e ciò solo per mantenere in vita il contenzioso in essere in attesa che, “con comodo”, qualcuno si decida a risolvere il problema….
VERGOGNA.
Il tempo delle chiacchiere e dell’aria fritta è finito, ora è tempo di agire in tutte le sedi (la CEDU, per inciso, è già investita di numerosissimi ricorsi anche in tema di transazioni).
Buona serata

Avv. Simone LAZZARINI

Novembre 14

Un film-documentario per promuovere la conoscenza del dramma “sangue infetto”, una strage di Stato ancora impunita

Cari amici frequentatori del sito,
ho il piacere di segnalarvi una importante iniziativa che ha preso l’avvio in questi giorni grazie all’intraprendenza di un comitato che si occupa della tutela dei soggetti danneggiati da trasfusioni di sangue ed emoderivati infetti.
Si tratta di un progetto ambizioso per la realizzazione di un film-documentario che racconti davvero la vita dei soggetti danneggiati da quella che è e rimane, nonostante certi giudici la pensino diversamente, una vera e propria strage di Stato, un’epidemia colposa, ma io direi anche dolosa ad oggi rimasta incomprensibilmente impunita.
Chiaramente l’iniziativa comporta dei costi non indifferenti da sostenere.
Pertanto, chi desideri contribuire alla buona riuscita del progetto può farlo semplicemente collegandosi al sito IO DONO [Aggiornamento: oggi il sito non è più attivo] dal quale è possibile effettuare una donazione.
Per maggiori dettagli potrete consultare il sito www.comitatovittimesangueinfetto.it.
Buona giornata

Avv. Simone Lazzarini

NUOVI VECCHI 1 2 6 7 8 21 22